Ue, sondaggio: il 92% dei musei è chiuso ma la crisi spinge la digitalizzazione
Gli impatti della crisi causata dal Coronavirus sono gravi nei musei di tutta Europa. Nelle ultime due settimane, NEMO – la rete delle organizzazioni dei musei europei – ha condotto un sondaggio per esaminare come la situazione ha influito sui budget dei musei, come questi affrontano l’emergenza, come riorganizzano le strutture e come offrono nuovi servizi al loro pubblico. Oltre 650 musei di 41 paesi hanno finora risposto al sondaggio e NEMO pubblica una prima analisi del sondaggio (aperto fino al 17 aprile), che include dati sulle perdite di bilancio settimanali, sulle strategie utilizzate e sulla presenza digitale. Hanno risposto al sondaggio i musei di tutti i 27 stati membri dell’UE, di 9 stati membri del Consiglio d’Europa, oltre a feedback da musei negli Stati Uniti, nelle Filippine, in Malesia, nella Polinesia francese, in Iran.
SMART WORKING E PERDITE FINANZIARIE
La maggior parte dei musei è chiuso (92%), con alcune eccezione in Svezia, Albania e Austria. Per molti di essi non è ancora stata definita una data per la riapertura (da metà aprile a settembre) che è direttamente correlata alla situazione in via di sviluppo in ciascuno dei Paesi. Per la maggior parte dei musei le perdite derivano dalla mancanza di entrate dai biglietti, negozi, bar e altri servizi. Non tutti i musei sono ancora in grado di fornire dati sulle loro perdite, ma dai numeri raccolti da NEMO il 30% sta perdendo fino a 1.000 euro a settimana, il 25% dei musei perde fino a 5.000 euro a settimana, il 13% fino a 30.000 euro a settimana e il 5% perde oltre 50.000 a settimana. I grandi musei, come il Rijksmuseum di Amsterdam, il Kunsthistorisches Museum di Vienna o il Museo Stedelijk di Amsterdam perdono tra i 100.000 e i 600.000 euro a settimana. I musei che si trovano in mete turistiche stanno osservando una perdita di reddito del 75-80% a causa della completa interruzione del turismo e della potenziale prosecuzione delle restrizioni nel periodo estivo. Alcuni dei musei più colpiti temono che alla fine dovranno chiudere definitivamente. La maggior parte delle esposizioni internazionali nel 2020 è rinviata, a causa delle frontiere parzialmente chiuse e della mancanza di risorse umane per gestire i prestiti. Circa il 50% dei musei ha dichiarato che oltre l’80% del personale lavora attualmente da casa mentre la maggior parte utilizza diversi strumenti e piattaforme per comunicare internamente. I programmi di videoconferenza (come Zoom o Skype) e chat (come Microsoft Teams o Whatsapp) si sono dimostrati i più popolari tra i professionisti dei musei che lavorano da casa.
LICENZIAMENTI E FONDO PER LA CULTURA
La buona notizia – sottolinea NEMO pubblicando i dati del sondaggio – è che la maggior parte dei musei non ha ancora dovuto licenziare il personale. Circa il 70% dei musei riferisce di aver modificato le attività del personale per soddisfare le esigenze attuali. Tuttavia, un numero considerevole di musei ha sospeso i contratti con i liberi professionisti e la maggior parte ha interrotto del tutto i propri programmi di volontariato. Per quanto riguarda le fonti di reddito alternative, molti musei riportano l’accesso attuale o futuro ai piani nazionali di finanziamento di emergenza. Tali schemi comprendono principalmente la copertura degli stipendi e/o della perdita di reddito. I musei di 12 paesi riferiscono che sono in corso discussioni per un fondo per la cultura di emergenza, i musei di 8 paesi segnalano che il fondo di emergenza è già in atto. I musei di 15 paesi affermano che non esiste un piano di finanziamento di emergenza disponibile nel loro paese. I sistemi di finanziamento differiscono da paese a paese: alcuni riguardano solo le organizzazioni finanziate con fondi pubblici, altri si applicano solo ai liberi professionisti.
COMUNICAZIONE E PRESENZA ONLINE
Oltre il 60% dei musei ha aumentato la propria presenza online da quando è stato chiuso a causa delle misure restrittive, mentre il 13,4% ha aumentato il proprio budget per le attività online. La maggior parte dei musei utilizza i social media più di prima. Inoltre, sono aumentati i tour virtuali e le mostre online. Questo indica la direzione dei musei verso un coinvolgimento del pubblico online che stanno raggiungendo. Il 40% dei musei che hanno risposto al sondaggio ha notato un aumento delle visite online. Di questo, il 41% nota un aumento delle visite fino al 20% a settimana sul proprio sito web, il 38% nota un aumento fino al 50%, l’8% nota un aumento fino al 100% mentre il 13% dei musei ha notato un aumento fino al 500% a settimana. Oltre il 70% dei musei ha aumentato le proprie attività sui social media, quasi l’80% di loro utilizza principalmente Facebook e quasi il 20% utilizza Instagram.
SOSTEGNO AL SETTORE E IMPEGNO SUL DIGITALE
La rete NEMO esorta infine i governi a “investire nel futuro del patrimonio culturale europeo”e a dare “un sostegno adeguato per mitigare le perdite di musei in tutta Europa, garantire salari al personale e continuare gli investimenti in progetti su larga scala nei musei di tutta Europa”. NEMO ricorda poi la “tempestività dei musei nel rispondere all’emergenza e soddisfare le esigenze delle proprie comunità: il patrimonio culturale digitale sta contribuendo al benessere e alla creatività delle persone”. NEMO sottolinea anche che “l’impegno sul digitale ha dimostrato il suo valore nelle ultime settimane incoraggiando la creatività, condividendo esperienze, e offrendo uno spazio virtuale per costruire idee”. La rete delle organizzazioni dei musei europei chiede alle parti interessate di “aumentare i loro sforzi digitali in futuro, a seguito di questo periodo con attività digitali senza precedenti. I budget e le strategie dovrebbero tener conto di questi risultati, trarre vantaggio dagli sforzi attuali e consentire investimenti in infrastrutture digitali”.
FONTE: https://agcult.it/a/16983/2020-04-08/ue-sondaggio-il-92-dei-musei-e-chiuso-ma-la-crisi-spinge-la-digitalizzazione?utm_source=&utm_medium=&utm_term=&utm_content=&utm_campaign=
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