Beni culturali, Nft per raccogliere fondi e allargare il pubblico
Gli impalpabili Nft possono diventare un tesoretto molto concreto per i musei, a corto di risorse e penalizzati da questi due anni di pandemia. Ma come ricavarne valore? Se per le opere native digitali contemporanea gli artisti sono i detentori dei diritti, come si può muovere un’istituzione culturale chiamata a tutelare un bene culturale che è patrimonio collettivo? La prima questione riguarda la digitalizzazione e i suoi costi perché il presupposto degli Nft (non fungible token) è creare una copia digitale.
«Il nostro processo prevede la scansione 3D delle opere e la generazione di “un’immagine univoca virtuale” basata su dati metrici. Questi asset digitali vengono notarizzati su blockchain. Le scansioni che facciamo nel tempo della stessa opera vengono riportate alla stessa immagine univoca virtuale e confrontate tra loro: algoritmi di identificazioni colgono le differenze per permettere di risalire alle cause. Informazioni fondamentali per il monitoraggio preventivo sulla stato di conservazione delle opere» spiega Danilo Rea, ceo e co-fondatore di Werea Srl, startup che ha lanciato AerariumChain, per generare valore per i musei, le istituzioni e tutti i custodi di opere d’arte e che vanta partnership con il Museo Egizio, Palazzo Reale di Milano, Museo Diocesano di Mantova.
Con Nft una quota a favore dell’ecosistema
«Offriamo ai musei un servizio di monitoraggio basato sulle scansioni 3D esteso a tutta la collezione. Questo servizio è ora accessibile anche alle istituzioni che non hanno budget, grazie agli Nft» aggiunge Rea. AerariumChain infatti propone gratuitamente il servizio di scansione se il museo emette NftMicro – pensati proprio per i musei che non possono vendere la proprietà dell’opera – dove una piccola quota dell’emissione va a sostegno dell’ecosistema. Il marketplace sarà lanciato nell’estate.
Werea ha appena conquistato la fiducia di Borderless Capital e Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore che investono rispettivamente 252mila e 70mila euro in equity, per un aumento di capitale complessivo pari a 322mila euro su una valutazione pre-money di tre milioni.
Gamification nel metaverso
«Il nostro approccio agli Nft è partito grazie al grant di Algorand Foundation (blockchain creata dal professore del Mit Silvio Micali, ndr) . Stiamo creando un ecosistema a cui stanno dando il contributo anche realtà come Orrick e Deloitte». La modalità principale di fruizione degli Nft Micro sarà il metaverso: «Vogliamo democraticizzare l’accesso alle opere. Per esempio, permettiamo la creazione di migliaia di NftMicro per ogni opera in modo che chiunque, anche con pochi euro, ne possa acquistare uno per fruire dell’opera nel metaverso, dove implementiamo meccanismi di gamification, creando fonti di entrate per i musei » spiega Rea. Peraltro con queste nuove esperienze virtuali i musei hanno la possibilità di allargare i propri pubblici.
Quali sono i rischi?
Se le potenzialità degli Nft sono ancora da esprimere in ambito museale, altrettanto lo sono i rischi. «Uno degli aspetti fondamentali per l’acquirente di Nft è avere la certezza che chi li emette sia il reale proprietario di quell’opera o la persona autorizzata alla vendita. Peraltro gli Nft lavorando su piattaforma blockchain sono tracciabili, quindi si possono vedere tutti i passaggi di proprietà» puntualizza Valeria Portale, direttrice dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano che assieme a Eleonora Lorenzini, direttrice dell’Osservatorio per i Beni e le attività culturali sta studiando le potenzialità e i rischi dell’applicazione di questa tecnologia al mondo dell’arte e dei beni culturali.
Se nelle opere native digitali l’associazione tra oggetto digitale e token digitale è più facile, cosa succede per le opere fisiche? «Bisogna stare attenti e porsi una serie di domande. Chi è il vero possessore? Chi detiene l’opera fisica o chi ha l’Nft digitale? Va distinto il diritto di proprietà reale e l’attestazione di proprietà digitale» aggiunge Portale. Più facile invece l’Nft per accedere al museo e fidelizzare il visitatore. «Si può pensare agli Nft per sponsorizzare restauri o incentivare le membership in cui l’accesso è regolato dalla detenzione di Nft. Inoltre offrire servizi basati su questo tipo di strumenti può favorire per le istituzioni culturali il contatto con community anche internazionali spesso distanti dai target attuali» conclude Lorenzini.
di Alessia Maccaferri
Fonte: https://www.ilsole24ore.com/art/beni-culturali-nft-raccogliere-fondi-e-allargare-pubblico-AEnvf4IB?refresh_ce=1
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